Mini guida all’Argentario

Scrivo questa mini guida all’Argentario decisamente troppo tardi e fuori stagione, ma vabbè, ormai tenetevela buona per l’estate prossima.

Il monte Argentario è una penisola della costa toscana ed è realmente un monte in mezzo al mare che cade a picco sull’acqua. È unito alla terraferma tramite un lungo ponte che la collega ad Orbetello, la città dove abbiamo alloggiato. Vi consiglio di pernottare lì, perché oltre ad essere una cittadina graziosissima, è anche la soluzione più economica. Fermo restando che all’Argentario si va in macchina (perché altrimenti sarebbe impossibile girare), ogni mattina ci metterete cinque minuti ad arrivare al monte Argentario. Ci sono vari alberghi dai prezzi diversi, noi abbiamo prenotato all’hotel Sole, piuttosto spartano, ma pulito e centralissimo (e con un’ottima colazione!). Si trova esattamente sul corso principale, corso Italia, il tipico “struscio” di ogni località marittima, dove i passanti sono abbronzatissimi e coi capelli appena lavati. La sera si anima tantissimo e si può, anzi si deve, passeggiare lì. Troverete ristoranti e pizzerie, bar, locali per fare l’aperitivo, librerie, negozi vari e le solite botteghe delle località di mare che vendono tutte quelle cagatine fatte coi ricci e le stelle marine. Se alloggiate sul corso però portatevi dei tappi per le orecchie, perché molto probabilmente il rumore della strada sarà leggermente fastidioso.

Mini guida all'Argentario sara caulfield

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All’Argentario le spiagge sono tutte delle calette rocciose con un mare super trasparente. Calette non facilmente raggiungibili, anzi, come tutte le spiaggette del genere la fatica è direttamente proporzionale alla bellezza che si troverà all’arrivo. Attraverserete stradine tortuose in mezzo alle rocce e ai cespugli, a volte vere e proprie arrampicate, ma poi sarete davvero ricompensati dal mare splendido che vi aspetta. Per non morire sdirrupati di sotto (come direbbero i miei amici calabresi) vi conviene usare delle scarpe da ginnastica o da scoglio. Io ho optato per la seconda opzione, perché così ho potuto usare queste scarpine anche per andare in acqua, visto che spiaggia e fondali sono rocciosi e dolorosissimi per i piedi (almeno per i miei). Sì, sono totalmente antisesso, ma super comode e leggere.

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A parte le spiagge che si trovano a porto Santo Stefano, che onestamente non sono proprio niente di che, il resto delle calette sono quasi tutte mozzafiato. Ce ne sono tantissime, ma avendo a disposizione solo tre giorni abbiamo dovuto scegliere ben bene quali visitare. Qui c’è un pdf del porto di Santo Stefano con delle info utili sulle calette e su come arrivarci.
Un consiglio importantissimo: una volta scesi nelle calette non ci sarà niente, né un bar dove prendere da bere, né un posto per cibarsi, niente. Nemmeno ombrelloni o sdraio da affittare. Solo i sassi e il mare. Quindi portatevi da bere, da mangiare e tutto l’occorrente per la spiaggia. Noi prendevamo sempre della pizza bianca scrocchiarella (termine tecnico) e dei panini che ci faceva una macelleria su via Roma.

Abbiamo iniziato con cala del Gesso, una meraviglia che sembra finta, non so, probabilmente ha sù qualche filtro di Instagram. La discesa è stata lunga, ma non così faticosa. Ovviamente, manco a dirlo, dovrete alzarvi presto la mattina, perché altrimenti non troverete parcheggio e non troverete nemmeno un posto decente in spiaggia. I parcheggi spesso non sono veri e propri parcheggi, diciamo che la cosa su tutto l’Argentario è un po’ selvaggia, quindi pregate che nessuno vi faccia la multa o vi porti via la macchina. Le spiagge sono piccole e quindi chi prima arriva meglio alloggia. Onestamente mi aspettavo spiagge meno affollate, stoltamente pensavo “figurati se con tutto sto mazzo che ti fai per scendere e poi risalire la spiaggia sarà piena di gente!”. E INVECE. A cala del gesso eravamo un tetris di asciugamani che si incastravano nel modo più ottimale per farci stare tutti. Mi è preso un colpo quando mi sono messa giù a prendere il sole e mi sono rialzata dopo un’ora: la spiaggia era piena di gente e i miei piedi erano praticamente in testa al ragazzo che si era messo sotto di me. Un po’ un incubo per me, che non sono abituata a stare in spiaggia con seimila persone attorno e amo il silenzio. Il mare però era splendido, pulitissimo e trasparente. Ma anche freddissimo! Raramente mi è capitato di trovarlo così freddo, tanto che dopo un po’ che facevo snorkeling avevo gli arti addormentati e dovevo uscire dall’acqua.

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Il giorno dopo abbiamo provato una caletta meno conosciuta cala Mar Morto, che era effettivamente meno popolata e aveva un fondale più interessante. Dopo pranzo ci siamo spostati a cala Grande, molto bella anche questa, ma con un mood decisamente più da spiaggia italiana.

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Le strade che passano lungo la costa sono tre, tutte curve e percorse dai locali che guidano come pazzi. Il panorama della costa è meraviglioso e le ville che si trovano qua e là fanno abbastanza invidia. Il tragitto che facevamo in macchina era godibilissimo, se non che la radio passava sempre Tommaso Paradiso che ci mandava un vocale di dieci minuti (problema al quale ovviavamo facendo partire Spotify con le mie playlist).

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La caletta più bella secondo me, insieme a cala del gesso, è la Cacciarella, una spiaggia meravigliosa con un mare incredibilmente trasparente, dove siamo stati l’ultimo giorno. Per arrivarci però è stata dura. Ci sono due strade, quella folle e quella un po’ meno folle. Il problema di queste calette è che non ci sono segnalazioni, né cartelli in giro che ti dicono che sei arrivato o ti direzionano. Pure Google Maps smadonna. Il sentiero per scendere a questa diamine di Cacciarella è praticamente impossibile da trovare e quindi abbiamo deciso di scendere completamente a caso, prendendo un sentiero che un sentiero non era, non era battuto, era un off road assurdo. E infatti ci siamo fatti un culo enorme a scendere. Certo, ci siamo goduti il panorama, wow, chissenefrega della fatica, arrivati giù è stato super, eravamo solo noi e altri tre ragazzi. Mentre sistemiamo i nostri asciugamani sui sassi (che si infilzano nelle costole e nella spina dorsale, ma ok dai) vediamo una coppia arrivare freschissima da una stradina sul lato. Avete presente quando Aldo e Giovanni scalano la montagna morendo di fatica e poi Giacomo arriva tutto riposato e allegro dal sentiero? Ecco, uguale.

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Comunque anche questa caletta si riempie in fretta e io vengo a conoscenza di tutto il programma per la serata e per i prossimi giorni della signora francese dietro di me che chiama tutta la rubrica del telefono, invitando gente a cena. Però, anche qui, il mare è super. Mi diverto un sacco a fare snorkeling tra le rocce e le piccole grotte che si creano nella roccia. Al ritorno prendiamo il sentiero battuto e da lì la vista della costa è ancora più bella. Il mare è trasparente lungo la riva e bluissimo a largo, puntellato di barche qua e là.

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Una nota dolente sono state le cene. Gli aperitivi ottimi, i panini della signora della macelleria super, la pizza croccante strabuona, il gelato della gelateria di fronte all’albergo strabiliante (la gelateria si chiama “le Logge”), tutto buono, tranne i ristoranti. Io sui social avevo chiesto consigli, ma tutti i posti dove volevo andare erano pieni ed era impossibile anche mettersi in fila. Abbiamo ripiegato su altri ristoranti, sempre locali, dove speravo si mangiasse bene e invece non mi sono goduta nemmeno uno spaghetto alle vongole (pasta mezza cruda una sera e insapore l’altra). Insomma Orbetello, impegniamoci sulle cene.

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A porto Santo Stefano però c’è la pasticceria Ferrini, un locale a conduzione familiare che ricorda i forni anni 70 e che vende dei dolcetti di pasta frolla strapieni di diverse farciture. Il proprietario è un signore simpaticissimo che sta dietro un bancone colmo di dolcetti buonissimi.

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Una tappa molto carina da non perdere nei dintorni di Orbetello è il giardino dei Tarocchi. Si tratta di un giardino esoterico con le sculture dell’artista francese  Niki de Saint Phalle ispirato ai tarocchi, appunto. È un posto pazzesco, pieno di strane installazioni, giochi di specchi, ceramiche, luci e colori. L’artista ha impiegato diciassette anni per realizzare le opere e alcune di esse sono incompiute a causa della malattia che fece ammalare e poi morire Niki. Le interpretazioni sono molteplici e proprio per questo non ci sono visite guidate per volere dell’artista. Non pensavo potesse essere così interessante, ho amato ogni singolo angolo di questo posto.

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A conclusione l’Argentario è bello, non me l’aspettavo un mare così wow, ve lo consiglio vivamente per un weekend estivo se capitaste in Toscana.

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